RAGUSANEWS.COM 20-03-2022

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La riscoperta della tela di San Nicola a San Pietro di Modica Modica

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 Modica - L’ampio vano che affianca la navata destra della chiesa di S. Pietro a Modica fornisce all’edificio il respiro di una chiesa a cinque navate ed è elegantemente completato da quattro cappelle, di cui le due ai lati si fronteggiano con sculture. Le altre due, frontali rispetto al visitatore, accolgono altrettanti dipinti, ognuno racchiuso da cornici in pietra, pressoché identiche, realizzate con motivi a festoni, angioletti e versi di salmi. La cappella posta a sinistra, qualche tempo fa, ci ha svelato una gradevole sorpresa.
Nel 2019, esattamente tre anni fa, un cultore d’arte, Rosario Dierna, ha fatto notare il rigonfiamento della tela allora visibile di San Cataldo nella parte inferiore, causato dall’umidità. Si è accorto inoltre che parte della cornice in pietra era stata letteralmente tagliata, proprio come se non riuscisse a contenere il dipinto che fino a quel momento conoscevamo.
Si è quindi potuto osservare che sotto la tela ottocentesca ve ne era un'altra. Si è proceduto a staccare la tela soprastante ed è comparsa una nuova tela di cui non si aveva memoria e che appariva manchevole di alcune sue parti relative al volto ed a parte del corpo del santo in alto a sinistra.
La tela è stata restaurata grazie al contributo della Banca Agricola Popolare di Ragusa, del Lions Club, dell’Inner Wheel, del Rotary Club e dell’Associazione Piero Iemmolo ed è stata presentata lo scorso tredici marzo alla presenza di un folto pubblico. Il restauro è stato effettuato da Gaetana Ascenzo, ha riportato al suo stato originario la tela e ha permesso di scoprire le qualità pittoriche di un artista anonimo.
Il dipinto raffigura S. Nicola, vescovo di Myra, traslato a Bari nel 1087: il santo più amato e venerato nella chiesa d’Oriente e d’Occidente, nel Medioevo ed in età moderna. A Modica il culto è attestato in età medievale, tra l’undicesimo e il dodicesimo secolo, nella chiesa di San Nicola de Platea nella parte alta della città, nella chiesa di San Nicolò inferiore e, nel circondario, nella grotta dei Santi a Cava Ispica. In età barocca la venerazione di San Nicola conosce una ripresa, dovuta alla tendenza della controriforma che valorizzò il culto dei santi tramite la realizzazione di cappelle a loro dedicate. In questo senso può spiegarsi l’intitolazione al santo della chiesa dei santi Nicolò ed Erasmo nella città alta e la presenza della tela a lui dedicata a San Pietro.
La biografia del vescovo di Myra, come spesso accade ai santi vissuti a cavallo tra terzo e quarto secolo, è arricchita da vicende che spesso sconfinano nella leggenda.
La scena raccontata dal dipinto si riferisce ad un intervento del santo che salvò da morte tre generali, accusati di tramare contro l’imperatore a Costantinopoli, grazie ad un’apparizione in sogno di Nicola all’imperatore Costantino. I personaggi sono resi in scala naturale con un accentuato senso naturalistico evidente soprattutto nella resa dei corpi dei generali e del loro carceriere, rappresentati ravvicinati, quasi nel piano limite del dipinto. L’imperatore, posto al centro, a destra, in posizione sopraelevata rispetto ai carcerati, è inserito all’interno di un elegante baldacchino, reso con notevoli valori spaziali e luministici.
In alto a sinistra, Nicola è posto su una nube, circondato da angeli, tra cui due mostrano i suoi attributi, le tre sfere d’oro e la fiamma. Tra il santo e l’imperatore, in secondo piano, due personaggi, visibili solo parzialmente, potrebbero essere S. Pietro ed Ario. L’identificazione di questi due personaggi, proposta da Paolo Segreto, è plausibile dato che il dipinto è collocato nella chiesa di S. Pietro e dato che Nicola, secondo una versione della sua biografia, partecipò al concilio di Nicea e propose tesi in contrasto con Ario.
In basso a sinistra i tre generali, con vesti militari, implorano Costantino di salvarli dalla condanna a morte e sono controllati dal loro carceriere. La cornice riporta in alto il salmo nove, versetto tre: “I suoi occhi guardano verso i poveri”, che rimanda chiaramente al messaggio trasmesso da Nicola, quello del prendersi cura degli ultimi.
I miracoli del santo furono rappresentati, in età barocca, nella volta della chiesa di San Nicola di Bari, in tutta l’Italia meridionale e nella successiva produzione settecentesca.
L’impaginazione della tela ripropone quella di un dipinto conservato nel museo civico di Altomonte, in Calabria, avente come tema S. Nicola libera tre prigionieri, datato intorno alla metà del XVIII secolo, nello stesso periodo in cui con ogni probabilità è stato realizzato il S. Nicola del duomo di S. Pietro di Modica.
L’impianto compositivo della tela di San Nicola si ripropone nel dipinto a destra con la medesima cornice e la presenza di un versetto del salmo ottantatre: “Il mio cuore e la mia carne esultano nel Dio vivente”.
In alto a sinistra il vescovo francese Liborio, molto simile nell’aspetto a S. Nicola e vissuto come lui nel quarto secolo, rappresentato secondo l’iconografia ricorrente con una pietra nella mano sinistra, si volge verso la Madonna per intercedere verso i carcerati.
In basso il giovane San Leonardo, abate di Noblac, vissuto nella prima metà del quinto secolo, fu un santo veneratissimo nel Medioevo, tanto che Noblac divenne una delle tappe del cammino di Santiago. Leonardo ricevette dal sovrano Clodoveo il privilegio di liberare i carcerati che lui avesse ritenuto innocenti, in un’epoca di profondi sconvolgimenti e guerre.
Il santo, l’unico reso perfettamente visibile dalla postura eretta, incede verso i carcerati, tenendo in mano delle catene, veste l’abito candido e la tunica scura dei benedettini cistercensi. Nello sfondo, in mare aperto, un’imbarcazione, allude probabilmente alla liberazione dei prigionieri mentre un edificio a pianta centrale potrebbe essere una chiesa.
Paolo Nifosì ha documentato la realizzazione della cappella di S. Nicola intorno alla metà degli anni Cinquanta del Settecento; agli anni immediatamente successivi potrebbero riferirsi le due tele, che potrebbero essere state realizzate dallo stesso pittore.
Le tele hanno molte affinità non solo nell’impaginazione complessiva, organizzata su più livelli, nella ricchezza e nella vivacità cromatica, nel plasticismo dei corpi, nei chiaroscuri naturalistici evidenziati dal restauro ma anche nella presenza delle cornici in pietra trattate in tempi successivi con calce che ha nascosto il colore azzurro che originariamente le caratterizzava.
È possibile che dopo il 1577, quando la chiesa di San Nicolò inferiore smise di essere parrocchia, e soprattutto nel Settecento quando la chiesa rupestre non venne più utilizzata, la venerazione del santo sia continuata e si sia perpetuata nella chiesa di San Pietro, con l’utilizzo di un ampio ed elegante vano a lui dedicato.
Similmente nella parte alta, il culto di San Nicola de Platea si è riproposto e vivificato nella chiesa benedettina di San Nicolò ed Erasmo.
La tela ottocentesca di San Cataldo, San Mauro e della Madonna delle Grazie, assegnata dal Belgiorno al pittore modicano Zaccaria (1860), che coprì la tela di San Nicola, venne probabilmente aggiunta per ribadire i patroni di Modica in un’epoca di forti contrasti con la chiesa di San Giorgio.
Il restauro della tela di San Nicola in tempi brevi, grazie anche all’indefesso lavoro dei volontari dell’associazione Petra Mazara, tra cui, in primis, il presidente Antonio Criscione e Paolo Segreto, e il ricollocamento della tela nell’ampio vano a destra dell’ingresso di San Pietro, ridona armonia e bellezza a questo spazio finora poco valorizzato.
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