MATTINO SALERNO 20-03-2022

Sezione: STAMPA NAZIONALE
In undici in due stanze «Ma torneremo a casa»
Autore: Cangiano Barbara

In undici in due stanze
«Ma torneremo a casa»
›Liubov, ucraina a Salerno da vent'anni ›«Ci dissero: scappate prima che sia tardi accoglie familiari e non in fuga da Odessa Vedo i miei figli che non sanno più ridere»
A TORRIONE NONNE FIGLIE E NIPOTI ACCOLTI A CATENA «MA E EVIDENTE CHE NON POSSONO VIVERE IN QUESTE CONDIZIONI»
Barbara Cangiano
Oltre le logiche dell'economia e della geopolitica c'è il quotidiano. Pigiami. tute, calzini e biscotti che entrano ed escono da trolley e buste, salgono e scendono scale, s'infilano nei garage adattati a bunker, ritornano in stanze buie, perché la luce è richiamo per il nemico, si preparano a viaggi lunghi, lunghissimi, lasciandosi alle spalle la puzza di polvere, bruciato e morte per ritornare a scaldare e nutrire come se nulla fosse accaduto. C'è un prima e un dopo nelle cose che accompagnano le persone che le utilizzano, capace di raccontare la capacità di riadattarsi. E di resistere. In via XX Settembre, nel cuore di Torrione. l'appartamento che Liubov ha in fitto da tempo, dice più di mille parole. Quei sessanta metri quadri comodi per una persona sola, venuta in Italia vent'anni fa con la consapevolezza di dover mettere da parte il suo diploma di insegnante di musica per garantire un tenore di vita migliore ai suoi familiari, oggi blindano dalla paura altre dieci persone.
CHI ARRIVA C'è Alina, la figlia, can i suoi due bambini, che la guerra l'ha silorata appena prima di varcare il confine con la Moldavia e di trovare riparo dalla madre. E ci sono norma Valentina, con le figlie Olga e Tiziana e i nipotini di due, sette, otto e tredici anni. Loro le bombe le hanno viste e sentite,
perché raccontano, «a Odessa all'improvviso ci hanno detto di scappare prima che fosse troppo tardi». Il mar Nero che era la loro risorsa, in poche ore è diventato un incubo, costringendole alla fuga. Liubov non è una loro familiare, neppure una loro amica. Ma quando l'ex marito di Tiziana, residente da tempo a Salerno. le ha detto che suo figlio era in pericolo, non ha battuto ciglio. E cosi quei sessanta metri quadri sono diventati il porto sicuro per tutti. Undici in due stanze. Per necessità. O forse anche per impreparazione. Fatto sta che in un piccolo studio trova posto un letto matrimoniale, una brandiva e uno scrittoio adibito a tavolo da pranzo, intorno a cui si muovono i profughi di Odessa, tre donne e quattro bambini, mentre nella camera da letto ci sono i familiari di Liubov, che si arrangiano con il sorriso, ripetendo più volte «grazie al cuore grande del salernitani».
Tra una busta della spesa e un paio di pantofole, i più piccoli scorrazzano dove possono, stretti nei loro pigiami e nei loro calzini. «A casa avevano tutto, tutto. Sono arrivati qui senza un ricambio», dice Liubov con gli occhi disperati di chi non accetta che venga boIlata come generosità un'operazione che è un atto dovuto. Le donne di Odessa sono fiere e al tempo stesso diffidenti. Han no viaggiato con i loro bambini dall'Ucraina alla Moldavia e da lì fino all'Italia attraverso la Romania. «Non riconosco più i miei figli - racconta Tiziana - prima erano socievoli, ora non vogliono più giocare e non riescono a ridere». Michela Chechile, presidente del club Lions Branch Salerno Minerva è arrivata a loro tramite un'amicizia in comune. Li ha sommersi di generi di prima necessità, dal cibo ai medicinali ai vestiti e si sta occupando dell'inserimento scolastico dei minori, «rna è eviden te - spiega - che urge trovare
una sistemazione diversa, perché non possono continuare a vivere in queste cundisiuui. nowstante la grande disponibilità di Liubov».
CHI RIPARTE Occorre una struttura in grado di accogliere Tiziana e i suoi tre figli, perché sua sorella Olga, la figlia di otto anni e sua madre sono in procinto di partire. Destinazione Uzhorod, al confine tra Slovacchia e Ungheria: «Dobbiamo avvinarci a Odessa - dicono - C'è la nostra casa, la nostra famiglia, tutto quello che abbiamo costruito». E c'è il marito di Olga che, fino a pochi giorni fa, guidava un taxi ed ora è al fronte, pronto a capire come far funzionare uri arma da fuoco, e un'altra figlia, più grande, sposata, che non ha voluto saperne di lasciare la sua terra. E nonna Valentina la più determinata: «Siamo fratelli, la nostra cultura è molto vicina alla loro. Non avremmo mal immaginato che Si potesse arrivare a tanto. E in Russia abbiamo anche dei familiari. Ci hanno chiamato all'inizio del conflitto, chiedendoci cosa sapessimo di quello che stava accadendo. Poi sono spariti. Non so se per scelta o perché hanno difficoltà a mettersi in contatto». I bambini le girano intorno. «Domani vi compro le scarpe e vi porto a giocare a calcetto», dice Michela Chechile. Domani sarà un giorno bellissimo.

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MICHELA CHECHILE DEI LIONS MINERVA TROVA ABITI E FARMACI SEGUE L'INSERIMENTO DEI PICCOLI A SCUOLA E LI PORTA A GIOCARE

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