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Raccontare la guerra. La testimonianza del reporter Andràs Jànos Kocsis - Informazioneonline.it

Raccontare la guerra. La testimonianza del reporter Andràs Jànos Kocsis
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Valle Olona | 08 aprile 2022, 10:30
Raccontare la guerra. La testimonianza del reporter Andràs Jànos Kocsis
«Un corrispondente di guerra per poter sopravvivere deve avere molte caratteristiche – ha spiegato il celebre reporter nell’incontro organizzato dal Lions Club Gorla Valle Olona –. Occorre una preparazione militare, conoscere diverse lingue, essere preparato in storia, geografia, geopolitica, sociologia e antropologia e, soprattutto, essere un buon attore»
Per comprendere meglio i terribili avvenimenti che si stanno svolgendo in questi giorni il Lions Club Gorla Valle Olona ha organizzato una serata in cui il celebre reporter di guerra Andràs Jànos Kocsis ha raccontato quale sia il ruolo dei cronisti di guerra, prestando particolare attenzione alla situazione ucraina.
«Abbiamo voluto quest’incontro – ha raccontato il presidente Emanuele Tronconi – poiché riteniamo che in momenti come questi per svolgere al meglio il nostro ruolo di servizio sul territorio sia importante comprendere appieno quanto sta avvenendo nel mondo.
In una società come la nostra il modo con cui vengono comunicati i fatti è sempre più importante, e chi meglio di qualcuno con la storia e l’esperienza di Andràs Kocsis poteva aiutarci a comprendere meglio questo aspetto del conflitto attuale?».
Durante l’incontro, svoltosi al Palace Hotel Legnano in inter-meeting con il L.C. Busto Lombardia ed il L.C. Lonate Pozzolo Brughiera, Andràs Jànos Kocsis, che nella sua carriera ha avuto occasione di operare in zone di guerra come Vietnam, Laos e Cambogia, solo per citarne alcune, ha parlato del suo lavoro e del ruolo che svolge la comunicazione nei conflitti moderni.
«Io non sono un giornalista, ma un operatore e un regista – ha spiegato Kocsis – e per poter svolgere il mio lavoro devo essere molto vicino a quello che sta succedendo; questo a volte può rivelarsi estremamente pericoloso, soprattutto se non si è adeguatamente preparati.
È per questo che mi piacerebbe aprire una scuola dove formare i nuovi reporter, una sorta di corso per imparare “la sicurezza sul lavoro”».
La storia che ha portato il regista di origini ungheresi a utilizzare una telecamera e a iniziare a raccontare la maggior parte dei conflitti che si sono svolti nel mondo a partire dalla fine degli anni ’60, infatti, parte da lontano, da quando, nel 1956 a soli 14 anni ha deciso di scendere in campo con i suoi connazionali per combattere l’armata rossa.
«Dopo quest’esperienza ho svolto il servizio militare nei reparti speciali ungheresi, e, a 22 anni, sono uscito dall’accademia navale con il grado di capitano di sottomarino – ha raccontato Andràs Jànos Kocsis – qualcuno mi ha chiesto se fossi interessato a fare un master in regia, e io ho accettato; una volta finito mi sono ritrovato come vice comandate e regista in un sottomarino dell’esercito, e da lì è iniziata la mia carriera».
Una carriera lunga e importante, che ha permesso a Kocsis di imparare, anche attraverso l’esperienza, quale debba essere il ruolo di un corrispondente di guerra e cosa sia necessario conoscere per sopravvivere in ambienti difficili come il fronte.
«Un corrispondente di guerra per poter sopravvivere deve avere molte caratteristiche – ha sottolineato Andràs Kocsis – prima di tutto deve poter dormire ovunque, in ogni situazione, e deve mangiare letteralmente di tutto; questo è molto importante non solo per sopravvivere, ma anche perché spesso rifiutare il cibo che ti viene offerto può essere molto pericoloso.
Chi vuole fare questo mestiere, inoltre, dovrebbe avere una preparazione militare, per sapere come muoversi sul campo, conoscere diverse lingue, essere preparato in storia, geografia, geopolitica, sociologia e antropologia, e, soprattutto, essere un buon attore, capace di non farsi tradire da una “troppo sincera” comunicazione non verbale».
Una serie di capacità impressionanti, tutte necessarie, però, se si vuole essere in grado di svolgere nella maniera più corretta quello che è un lavoro sicuramente difficile, ma molto importante; i corrispondenti di guerra, infatti, devono poter raccontare la storia di tutte le parti coinvolte in un conflitto, dando poi modo allo spettatore di trarre le proprie conclusioni.
«Il nostro compito è solo riportare i fatti, i punti di vista – ha rimarcato Andràs Jànos Kocsis – dando voce a quanti più protagonisti del conflitto possibile; in alcun modo dobbiamo far trasparire il nostro giudizio o la nostra opinione, quello spetta al pubblico, che giudicherà dopo aver riflettuto su quanto visto. Noi dobbiamo solo raccontare, non spiegare».
Una caratteristica che è ancor più fondamentale ai giorni nostri, quando, secondo il regista, a far vincere una delle due parti è anche, e soprattutto, la comunicazione.
«Oggi è quasi più importante la comunicazione della guerra stessa – ha spiegato Kocsis – la guerra, infatti, si è evoluta, e in molti casi vince chi sa comunicare in maniera diversa, perché i conflitti si combattono anche in questo modo.
La storia ci insegna che la verità non stai mai da una parte sola; non c’è bianco e non c’è nero, ci sono solo diverse sfumature di grigio, e quanto scuro sia questo grigio lo si potrà capire solo quando potremo osservare gli eventi da ogni possibile sfaccettatura.
Gli eventi di queste settimane sono eventi di una storia ancora in corso, che potranno essere compresi, forse, solo in futuro».
Loretta Girola
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