ANCORA 15-05-2022

Sezione: STAMPA NAZIONALE
Un'altra gemma risplende nel Duomo: è l'Assunzione della Vergine del Monevi - Un'altra gemma risplende nel Duomo

Sino al 10 giugno si 11u<> anuttirare nella Cappella di San Carlo
Un'altra gemma risplende nel Duomo:
è l'Assunzione della Vergine del Monevi
Acqul Terme. Dopo l'Annunciazione del Caccia Moncalvo, rubata, data per definitivamente perduta, e restituita alcuni mesi ta, in novembre, alla Diocesi, dopo oltre 100 anni, è stata la Cattedrale, lunedi 9 maggio, ad accogliere in modo ufficiale (l'arrivo effettivo giovedi 5 maggio) un'altra tela capolavoro: L'Assunzione delle Vergine di Giovanni Monevi 1669, la committenza di maggior impegno con cui si cimenta il pittore di Visone, la cui nascita è registrata al 18 maggio 1637. Egli replica il soggetto dal Pilacorte scolpito nel portale tardo Quattrocentesco - anche qui due i registri: mondo terreno e celeste - con un olio destinato ad un altro luogo di prestigio, l'abside maggiore, la parete di fondo del Coro. Facendo si che il tema dell'Assunzione percorra la Cattedrale tutta, dall'ingresso sino alla zona dell'Altar maggiore.
Davanti alla tela ad olio, temporaneamente sistemata nella
Cappella di San Carlo (sino al 10 giugno, data della Notte bianca delle chiese), si è svolta, nella tarda mattinata di lunedi 9, la cerimonia di presentazione dei restauri, condotti da Claudia Maritano di Carcare (non nuova ai recuperi mone? ' 1.I,.?
viani) e finanziati da un team principal composto dal Lions Club Acqui Terme Host, dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria e dalla Banca Passadore e C. Oltre una settantina gli intervenuti, con conduzione dell'incontro affida
Un'altra gemma
risplende nel Duomo
Quindi è stata Claudia Maritano, in una breve relazione, a descrivere il suo intervento su un'opera che via via, nel tempo, aveva perso la sua leggibilità. (Giovanni Monevi, si è appreso, sin dal 1992, fa da filo conduttore al suo lavoro professionale di recupero). Alla rirnozione di strati di gommalacca che alteravano la cromia, è seguita la sostituzione del telaio, e l'applicazione di una nuova foderatora in stile fiorentino. Con la tela, opportunamente tensionata, su cui son state "ricucite" le abrasioni, eliminando le non poche ridipinture (ecco anche un perizoma, rimosso, applicato ad un angelo). Il restauro ha riguardato anche la ricca e "importante" cornice dorata, che nascondeva un dato essenziale, quello dell'anno di realizzazione, il 1669 (gli affreschi della cupola sono del 1668), il che permette di spostare di una decina d'anni in avanti la data sino a ieri ipotizzata per la esecuzione moneviana, il presunto 1657. (E va detto, qui, per inciso, della assai scarsa fortuna del pittore visonese con le cornici: quella del sovraporta della sacrestia mozza il capo, addirittura, a due santi domenicani).
ta a Giovanni Moschini Monti e parole di saluto offerte, via via, dal sindaco Lorenzo Lucchini ("ecco un nuovo gioiello nella nostra città"), da mons. Luigi Testore, Vescovo di Acqui (in merito al dovere di conservare il patrimonio storico), Luciano Mariano, presidente della Fondazione CRAL ("non si possono tradire le radici"), Salvatore Caorsi (per l'Associazione "Mons. Giovanni Galliano", citando i grandi restauri che il parroco storico del Duomo seppe condurre), Danilo Rapetti per il Lions Club (ricordando anche i nuovi strumenti come le audioguide, in quattro lingue, che permettono di fruire dei tesori della Cattedrale), don Giorgio Santi, attuale parroco ("che stupore questi colori, cui non eravamo più abituati; e c'è lo stupore che cogliamo nei visitatori del Duomo. E c'è, ancora, lo stupore degli Apostoli, che Monevi immortala innanzi alla tomba vuota"). G.Sa.
Continua a pagina
Da Massimiliano Caldera, per la Soprintendenza per le province di Alessandria, Asti, Cuneo, un contributo (opportunamente proposto anche in un opuscolo a stampa, curato - per l'occasione - dalle officine EIG) assai importante dal punto di vista critico. Egli ha identificato nel Missale Romanum, impresso dalla Tipografia della Camera Apostolica nel 1662 e, nello specifico, in un'incisione di Guillaume Vallet [e il cognome non può non indurci a ricordare Il nome della rosa, e quelle prime righe, in cui si cita quel "tale abate Vallet", cui si deve l'opera a stampa 1842 Le manuscript de Dom Adson de Melk...- ndr.], con invenzione e disegno di Jan Miel, la fonte prima (e moderna) cui Giovanni Monevi attinge per questa, ma anche per altre opere. Certo poi l'artista varia, modifica; ora ricorda la lezione moncalvesca; ora non può non rivolgersi ai tanti esempi della pittura genovese. Queste, insomma, le fonti. Che inequivocabilmente rivelano l'intenzione di raggiungere (con successo: almeno in rapporto al contesto del Basso Piemonte) un registro grandioso e moderno.

***

#s#26 #t#1 #c#Alessandria#c#