L'ATTACCO 03-06-2022

Sezione: STAMPA NAZIONALE
Quando Falcone venne a Foggia a predicare il "follow the money", I ricordi dei testimoni dell'epoca per un evento ignorato dalla stampa II giudice istruttore di Palermo arrivò in una città blinaata per la sua visita. Lucianetti: "La relazione galvanizzò i
Autore: Sereno Fabrizio

Quando Falcone venne a Foggia a predicare il "follow the money", i ricordi dei testimoni dell'epoca per un evento ignorato dalla stampa
II giudice istruttore di Palermo arrivò in una città blindata per la sua visita. Lucianetti: "La relazione galvanizzò il nostro lavoro". de Finis: "Patrimoni? Serve Osservatorio del credito"
di Fabrizio Sereno
Nel maggio del 1988 Giovanni Falcone era stato da poco silurato dal Csm sulla nomina a nuovo capo dell'Ufficio istruzione del Tribunale di Palermo. Per "sterili" motivi d'anzianità gli fu preferito Antonino Meli, che di li a poco comincerà a "smantellare pezzo per pezzo il metodo Falcone" (come ha ricordato Tano Grasso in un recenteconvegnodell'Unifg peri 30 anni dalla strage di Capaci), mettendo, di fatto, molti "bastoni tra le ruote" al figlio putativo del giudice Rocco Chinnici, che ideò il "pool antimafia" poi costituito e sviluppato a partire dall'83 da Antonino Caponnetto. Un "pool" che vedeva schierati in campo proprio Giovanni Falcone ad altri tre magistrati istruttori: Paolo Borsellino, Giuseppe Di Lello e Leonardo Guarnotta. E che portò al maxi processo dell'aula bunker di Palermo, con le sentenze di condanna in primo grado, nel dicembre '87, per 360 imputati e complessivi 2665 anni di carcere. Nonostante ciò il magistrato nato alla Kalsa fu inviso in certi ambienti della magistratura, tanto che successivamentedovette ingoiare un altro boccone amaro, quando gli fu negata dallo stesso Csm la nomina a capo della Direzione nazionale antimafia, istituita nel 1991: una creatura da lui stesso concepita. E, come detto, dagli inizi dell'88 in poi, Falcone e i suoi dovettero fronteggiare un numero sempre crescente di ostacoli alla loro attività. Ma questo non pregiudicò la voglia (anzi, probabilmente, la incentivò) dell'ex pretore di Lentini di dare vita ad una serie di incontri tecnici in giro per l'Italia sul tema della mafia e del 'follow the money' da lui intrapreso per debellarla. Di questo tour, probabilmente molti lo ignorano, fu protagonista anche il capoluogo dauno. 11 12 maggiodel 1988, infatti, in uncentrostorico blindato perla sua visita, Giovanni Falcone approdò al Circolo Daunia di piazza Mercato, invitato - per un evento organizzato dal Lions Club di Foggia - dal suo amico magistrato del Csm Ennio Sepe. A quell'incontro, strettamente riservato agli addetti ai lavori e di cui non si rileva traccia sulla stampa locale dell'epoca, erano presenti, affiancoa Falcone, oltre a Sepe, anche
l'onorevole della Dc Franco Cafarelli (tra i primi a parlare del fenomeno mafioso su Foggia, tanto da scatenare le ire dell'ex sindaco Petrino) e l'allora presidente del Lions Clubcittadi no SavinoTorraco afaregli onori di casa. Tra l'uditorioc'era anche Massimo Lucianetti, sostituto procuratore del Tribunale di Foggia, all'epoca in servizio nel capoluogo dauno già da quasi dieci anni, dove - dopo essersi occupato di antiterrorismo a Milano - si occupò del fenomeno mafioso del capoluogo dauno e dei principali fatti di sangue ad esso collegati ,come la"stragedel Bacardi", all'apice delle lotte di sangue e droga tra i fratelli Laviano e il clan rivale RizziAgnelli in cui figurava anche un giovane Rocco Moretti. Una strage per cui Lucianetti richiese ed ottenne 7 ergastoli in primo grado. Quando Falcone arrivò a Foggia — racconta a l'Attacco Lucianetti - le indagini sulla'strage del Bacardi', occorsa due anni prima, erano giunte ad una fase cruciale, tanto che a settembre dell"88 furono emessi 4 dei 7 mandati di cattura per gli autori di quei fatti sanguinari. Ricordo, come fosse ieri, il sorriso di Giovanni Falcone durante l'incontro al Circolo Daunia. Mi è rimasto impresso nella memoria. Se non vi è traccia alcuna sulla stampa locale forseè perché si cercò di mantenere il più stretto riserbo in ordine atutela e sicurezza dello stesso Falcone. Ma quella che sviluppò fu una lunga ed i nteressantissima relazione tecnica sul suo metodo inquirente e sullo strumento delle indagini patrimoniali per risalire alla fonte criminogena mafiosa. Una relazione - continua Lucianetti - condotta non `a braccio', ma letta passo per passo, con il piglio del pretore, quale lui era di formazione. Ricordo, inoltre, chequell'incontrodiedea meeai colleghi presenti ri nnovato impulso professionale, galvanizzò, in un certo senso, il lavoro di contrasto alla criminalità organizzata foggiana che stavamo conducendo sul territorio". Di un Falconecon lascortachegli stavasempre addosso parla un'altra testimone di quel convegno, all'epoca ventenne, che presenziava lì per motivi di parentela con uno degli invitati. "Gli uomini della scorta lo seguivano passo passo — racconta la fonte che preferisce non essere citata—e lo invitavano ad entrare ed usci re celermente attraverso gli ambienti del circolo. Ma Falcone era sereno, diceva alla sua scorta di dargli tregua, di lasciare che si intrattenesse a parlare con gli avventori. Qui a Foggia mi sento a casa, tra amici. Sono tranquillo. Non è qui che mi uccideranno', disse Falcone— rivela la testimone-. Nonostante questo— continua — via Arpi e piazza Mercato erano bli ndate, chiuse al traffico. C'erano persino dei cecchini sui tetti dei palazzi affianco. E venni a sapere che il questore dell'epoca era molto teso, agitato, temendo possibili attentati al giudice. Di Falcone ricordo un uomo simpatico, ironico. Ad un certo punto mi avvicinai a lui e gli chiesi: `Dottore ce la faremo a sconfiggere la mafia?'. Lui—concludelafonte—mi risposesorridendo: `Dobbiamo riuscirci, con l'aiuto dello Stato e la collaborazione dei cittadini'". Dellavisitadi Falcone a Foggiasi ricorda bene anche Micky de Fini, un pezzo di storia, tra le altre cose, dell'informazione locale. "Non fu un'iniziativa trattata dalla stampa — dice - perché era un incontro tra tecnici, di cui non venne fatto sapere nulla. Ed anche perché, probabilmente, Falcone era un personaggio scomodo e affatto simpatico ad una parte del ceto politico locale dell'epoca. Quelli — ricorda de Finis — erano anni in cui l'economia territoriale stava mutando pelle. Le partecipazioni statali, strenuamente difese dall'onorevole democristiano Vincenzo Russo, stavano cedendo il passo all'industria della molitura, del grano, che ha segnato, nel bene e nel male, molte vicende negli ultimi 30 annidi Foggia". Poi de Finis concludecon una riflessione evocativa, in chi ave localistica, sul "follow the money" di Falcone: "A Foggia non c'è mai stato un `Osservatorio sul credito': strumento invece presente in molte altre Camere di Commercio d'Italia e che potrebbe aiutare a tracciare, in maniera determinante, genesi e flussi economici dei territori, anche in Capitanata".

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In a to as mera IininaOva , a oesCa LuaanetU e de F nis

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