LOBODILATTICE.COM 13-06-2022

Sezione: WEB
Ruggero Marrani. Una mostra dedicata

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Ruggero Marrani. Una mostra dedicata
Inaugura
Sabato, 18 Giugno, 2022 - 17:30
Presso
Venerdì, 8 Luglio, 2022 - 19:30
Ruggero Marrani. Una mostra dedicata
Comunicato
La Galleria “Arianna Sartori” di Mantova, nella sede di via Ippolito Nievo 10, presenta la personale dello scultore Ruggero Marrani intitolata “Una mostra dedicata”.
La mostra, curata da Arianna Sartori, gode dei patrocini: Comune di Mantova, UICI Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti di Mantova e lions club Andrea Mantegna.
La mostra si inaugura Sabato 18 giugno alle ore 17.30 alla presenza dell’Artista e con presentazione del critico Sandro Parmiggiani, dell’Assessore Andrea Caprini in rappresentanza del Comune di Mantova e della Presidente lions club Andrea Mantegna Patrizia Gradi, alla presenza di una delegazione dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti di Mantova che sperimenteranno per primi la mostra dedicata.
Sabato 25 e Martedì 28 giugno, dalle ore 16.00 alle ore 19.30 sarà possibile incontrare l’Artista in Galleria per l’esperienza tattile-uditiva “ESPLORAZIONE CULTURALE AL BUIO anche le mani sanno vedere” a cura di UICI Mantova.
In Galleria è a disposizione la nuova monografia di Ruggero Marrani edita da Archivio Sartori Editore di Mantova.
L’esposizione, resterà aperta al pubblico fino all’ 8 luglio 2022 con il seguente orario: dal Lunedì al Sabato 10.00-12.30 / 16.00-19.30, chiuso Domenica e Festivi.
 
Ruggero Marrani, aeroscultore
Non si può omettere, parlando di Ruggero Marrani (Corridonia, Macerata, 1941), un tratto importante della sua formazione: il rapporto con Gerardo Dottori, suo maestro all’Accademia di Perugia, del quale Ruggero sarebbe poi diventato assistente, fino alla scelta, nel 1968, di spostarsi, assieme alla moglie Luciana, dall’Umbria a Varese, città nella quale ha insegnato al Liceo Artistico. Citare Dottori non è solo doveroso per comprendere la genesi dell’opera di Marrani, ma è anche di stretta attualità: è in corso, fino al 3 luglio, al Labirinto della Masone di Fontanellato (sede della collezione di Franco Maria Rici), la mostra “Dall’alto. Aeropittura futurista”, a cura di Massimo Duranti. Le cento opere esposte consentono di conoscere meglio quella che viene, spesso sommariamente, definita la stagione del “secondo futurismo”, con annessa la fuorviante idea di un movimento legato all’ideologia fascista, ma che invece è – come testimoniano le opere in mostra di, tra gli altri, Dottori, Fillia, Crali, Prampolini e Regina –, una vicenda interessante dell’arte italiana, nelle sue relazioni con altre esperienze, come il “cubofuturismo” delle avanguardie russe, e il crogiolo di cubismo, futurismo, surrealismo che vi si intrecciarono. 
Il nostro Marrani, poco meno di dieci anni dal suo insediamento in Lombardia, opera una decisa virata nella sua attività artistica: passa dalla bidimensionalità della tela e della carta alla tridimensionalità della scultura, e comincia a lavorare con la creta e con la ceramica. I paesaggi umbri, e delle regioni dell’Italia centrale che aveva imparato a conoscere e che aveva raffigurato, con le antiche piante schematiche dei borghi abitati e gli appezzamenti dei terreni coltivati sulla superficie delle colline, e con le mappe delle strade che fendono i borghi abitati e gli agglomerati delle case che hanno dato vita ai quartieri, si sono come sollevati, mossi da una forza che dal ventre della terra li ha fatti emergere, assumendo un rilievo plasticamente tattile. Persiste e s’accentua, nella scultura di Marrani, quella che diventò un tempo nota come “veduta a volo d’uccello” – che in lingua inglese viene resa più propriamente con bird’s-eye view: ciò che l’uccello vede mentre è in volo. Le prime sculture dell’artista, da lui non casualmente denominate “aerosculture”, quasi a volerne non recidere il legame con l’“aeropittura” del suo maestro Dottori, sono case in miniatura, minuscoli parallelepipedi che sporgono dalla superficie di una terra lacerata, con le vie infossate che paiono i canaloni dei moderni film di fantascienza. Spesso l’artista ha accostato al titolo generico di “aeroscultura” l’espressione “analisi del territorio”, quasi a volerne suggerire l’intento di osservazione minuziosa; inoltre, Marrani è appassionato di archeologia e ha a lungo studiato le planimetrie delle antiche città, cogliendone i vari schemi di configurazione urbana. Occorre pure ricordare che l’artista aveva respirato la cultura degli antichi centri di produzione ceramica dell’Umbria (citiamo almeno Deruta, Gualdo Tadino, Gubbio e Orvieto) e che avrebbe ritrovato quella pratica, artigianale e artistica, nella terra in cui s’era insediato, in primis a Laveno e a Cunardo. Marrani si dota di un piccolo forno in cui cuocere le sue opere, padroneggia i viraggi dei colori prodotti dall’esposizione al calore e negli ultimi anni realizza anche raku, utilizzando giornali e segatura. Le dimensioni ridotte del forno gli impongono, quando crea sculture di un certo rilievo, di ricorrere ad assemblaggi di pezzi singoli, ricomposti sulla base dei progetti originari che ovviamente, in fase di realizzazione, subiscono modificazioni e registrano l’irruzione di spunti legati ai linguaggi propri dei materiali, che prendono la parola e guidano la visione dell’artista.
Nell’evolversi dell’opera scultorea di Marrani si affermano due elementi: una più nitida segmentazione geometrica; l’utilizzo di materiali poveri, come legni di recupero, tratti da vecchie assi, o legni corrosi, scovati su una spiaggia, levigati da una lunga immersione nell’acqua, o reperiti nei mercatini antiquari, che spesso ancora recano frammenti degli antichi colori: tavole che hanno viaggiato dentro il tempo, ne hanno subito gli oltraggi e ne recano i retaggi –, radici, chiodi e ferri su cui si è insediata la ruggine, ingranaggi e cinghie di trasmissione di un movimento, pietre, sassi, fino a frammenti di altre sue sculture, del cui esito Marrani non sia completamente soddisfatto, e che riutilizza per nuove opere. La semplificata astrazione geometrica s’arricchirà, nell’opera scultorea finale, proprio della fisicità tangibile dei materiali. Dopo le “aerosculture”, Marrani realizza stele che lui chiama “totem”, un termine mutuato dalle civiltà degli aztechi e dei nativi americani, lavori di transizione verso gli approdi ultimi dell’opera dell’artista: sculture complesse, nelle quali la tridimensionalità non è solo evocata e allusa, ma è totalmente conquistata attraverso la possibilità che viene offerta a chi guardi l’opera di circumnavigarla, penetrandola con lo sguardo in ogni suo recesso. Sono opere di straordinari equilibri e rimandi, di movimenti rotanti e di tensioni dinamiche, talvolta opposte o incrociantesi, di piani che paiono ingranaggi colti nel loro infinito procedere, di fasi solari e lunari individuate nel loro progressivo svolgersi e ripetersi nel tempo. Marrani vuole inoltre che il visitatore si faccia protagonista attivo del fatto scultoreo, diventandone compartecipe, sia spostandone alcuni degli elementi costitutivi che l’artista ha ritenuto di lasciare “mobili”, al fine di mutare gli equilibri interni della scultura pur senza distruggerla, oppure coinvolgendo il suo tatto nell’esplorazione dell’opera o, ancora, divenendo fruitore di lavori che sono stati concepiti anche come strumenti musicali, facendo vibrare le corde metalliche che l’artista vi ha teso (le “sculturerumore”). Negli ultimi dieci anni Marrani ha condotto esperienze con i non-vedenti, affinché possano sperimentare l’esplorazione tattile delle sue sculture, per conquistarne e introiettarne la forma e i dettagli che abitualmente vengono registrati attraverso la vista. In una fase successiva, ai non vedenti è stato pure affidato il ruolo di guide per vedenti, che, opportunamente bendati e all’interno di uno spazio buio, si avvalgono dei suggerimenti e delle indicazioni di coloro che non possono fare ricorso alla vista, ma che utilizzano il tatto nel processo di ricostruzione e di appropriazione delle forme e delle strutture proprie dell’opera scultorea: la condivisione della possibilità di arricchire le sensazioni e di comprendere più profondamente il fatto scultoreo, che solo attraverso l’utilizzo combinato di vista e di tatto può essere fatto pienamente proprio.
Sandro Parmiggiani
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