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Bra-Leopoli andata e ritorno: il diario di un viaggio in Ucraina per scopi umanitari - Lavocedialba.it

lavocedialba.it - 16 giugno 2022, 07:41
Bra-Leopoli andata e ritorno: il diario di un viaggio in Ucraina per scopi umanitari
La testimonianza di Roberto Cagnazzo narrata durante il meeting del Lions Club Bra Host
Il socio Lions Roberto Cagnazzo con il presidente Armando Verrua (Foto: Giacomo Berrino)
Una bella storia che fa sperare in un futuro migliore. Il racconto di un viaggio al confine di guerra in Ucraina, avvenuto nella prima metà di aprile e seguendo la carovana del Sermig diretta a Leopoli per portare aiuti umanitari, è stato uno dei momenti più significativi per il Lions Club Bra Host, durante il meeting di giovedì 12 maggio presso il ristorante Il Principe.
La testimonianza di come i soci Lions sappiano mettersi a disposizione del prossimo anche in via personale e, nel caso specifico, dando una risposta immediata di solidarietà alle vittime della guerra e soprattutto un appello alla pace nel Paese devastato dalla tragedia in corso.
A parlare è stato Roberto Cagnazzo, classe 1972, che nella vita è socio e amministratore di un’azienda operante nell’ambito dei servizi ambientali e logistici, consigliere dell’Associazione Nazionale Carabinieri Sezione di Bra, con una laurea triennale in economia aziendale, attualmente iscritto al secondo anno di filosofia ed etica.
Con lui ripercorriamo le tappe del viaggio Bra-Leopoli, andata e ritorno, attraverso quello che è un vero proprio diario di bordo dai contorni a dir poco emozionanti. Mettetevi comodi, perché partiamo dall’inizio.
Roberto, com’è nata l’idea di questa missione?
“L’esperienza è nata dall’invito rivoltomi da un carissimo amico, volontario al Sermig di Torino, per raggiungere la struttura della Fraternità gestita da Albano Allocco, padre somasco, originario di Bra, in terra di Romania, a 50 km dal confine ucraino. Padre Albano, insieme ad alcuni collaboratori e volontari, cura da anni con impegno encomiabile la struttura della Fundatia Somaschi a Baia Mare, che si occupa di aiutare bambini di strada e persone indigenti, che soprattutto nelle periferie vivono in condizioni di estrema precarietà. Nelle fasi iniziali del conflitto ucraino, la Fraternità, per la sua ubicazione geografica, ha quasi da subito rappresentato un punto di appoggio logistico per il supporto alle popolazioni in difficoltà a reperire mezzi primari di sostentamento. Inoltre, ha dato e fornito aiuti in larga parte provenienti dall’Arsenale della Pace di Ernesto Olivero e dalle comunità di Narzole. Alla proposta di una settimana di volontariato non ho potuto dire di no, soprattutto perché coinvolto emotivamente, vedendo in tv le struggenti immagini di bambini ed anziani in esodo verso i paesi di confine. Dovendo conciliare gli impegni lavorativi, insieme a tre amici torinesi, si è data la disponibilità per la settimana a cavallo della Pasqua cattolica. Si trattava di svolgere attività di volontariato presso la fondazione, con la possibilità di un turno di missione in territorio ucraino. Non nascondo qualche timore per tale scelta, ma ne fui subito entusiasta”.
Raccontaci le tappe del viaggio…
“Nelle settimane precedenti il nostro arrivo si sono susseguite importanti azioni di supporto su quasi tutto il territorio ucraino ed ho potuto vedere il reportage delle missioni dell’operazione ‘Cicogna’, svolte precedentemente in aree interessate dal conflitto come Kiev, Bucha ed altre località colpite da violenti scontri di campo. Il nostro viaggio di circa 6 ore di percorrenza era programmato per il giorno seguente la Pasquetta con destinazione Leopoli nell’ovest del Paese. Proprio il giorno di Pasquetta, Leopoli fu oggetto di 4 bombardamenti su obiettivi strategici ed uno di quelli invece era fallito, raggiungendo un obiettivo civile; pertanto la missione del giorno dopo era in forse e sconsigliata. Nel pomeriggio decidemmo di partire lo stesso e quindi provvedemmo al carico dei 6 furgoni, stipando, letteralmente, alimenti, medicine, generi per l’igiene e pannolini. Il giorno seguente, partimmo alla volta di Leopoli percorrendo circa 400 km di strada ordinaria, attraversando la frontiera ucraina. Dopo circa un’ora di attesa per l’espletamento dei controlli dei documenti personali e delle merci ottenemmo, come per i viaggi precedenti, l’autorizzazione al transito. In cabina ero solo ed ero alla conduzione di un furgone carico al limite della portata. Questa solitudine mi permise di godere particolarmente il momento, osservando il territorio con i chiari segni dei mezzi di difesa dei punti sensibili, presidi militari di obiettivi sensibili. Si percepiva in modo evidente la tensione. Il convoglio era riconoscibile, in quanto i mezzi recavano le iscrizioni “aiuti umanitari” e durante il transito, in alcune occasioni, venivamo salutati dalla gente per la strada. In serata, entro l’orario del coprifuoco raggiungemmo con emozione ed anche un po’ di stanchezza il centro di raccolta prestabilito e dopo aver scaricato i rifornimenti, cenammo e fummo ospitati per la notte. Non vi furono allarmi antimissili, contrariamente al giorno precedente. Il mattino seguente, dopo un amorevole commiato, partimmo soddisfatti per il rientro in Romania”.
Che cosa ti ha colpito maggiormente di ciò che hai visto?
“La generosità dei nostri territori, che hanno fin da subito donato e raccolto i materiali con una minuziosa e precisa organizzazione, il coraggio e la serietà dell’organizzazione del Sermig e della fondazione somasca. La determinazione e l’efficienza della rete capillare di religiosi organizzata per la distribuzione tempestiva nelle aree del Donbass e quelle maggiormente in situazione di bisogno. È stato molto toccante riscontrare la resistenza e la difesa organizzata di ogni singolo paese, che sembrava messa in atto con attrezzature di ogni genere al punto di vedere i cartelli stradali oscurati o rimossi. Ho notato anche l’assenza di buona parte di giovani uomini”.
Quali sono state le maggiori difficoltà?
“Non ci sono state particolari difficoltà, oltre a quelle dei normali tempi doganali di transito e la scarsità dei rifornimenti per il razionamento dei carburanti. E poi la condizione della viabilità di alcune strade, l’attraversamento dei check point, in uno dei quali fummo fermati dai militari, che volevano visionare la presenza di video sui telefonini”.
Che cosa ti ha lasciato questa esperienza?
“È stata un’esperienza unica le cui emozioni sono anche difficili da trasferire per l’eccezionalità dell’evento. Sicuramente ho la certezza di aver ricevuto molto, per il tipo di attività fatta e per le bellissime persone che ho conosciuto e con le quali ho potuto condividere dei momenti indimenticabili. Una sorta di mix tra la soddisfazione per aver tentato di fare qualcosa per persone in grave difficoltà e la scarica di adrenalina provata per essere comunque in una zona di guerra, un conflitto bellico che come sempre mette a dura prova la vita della povera gente. Ora che rifletto, penso di aver vissuto qualcosa di simile esattamente 30 anni fa. Ero Carabiniere ausiliario e, insieme al mio reparto del Battaglione mobile di Moncalieri, fui inviato a Palermo per l’inizio dell’operazione Vespri Siciliani, proprio una settimana dopo l’attentato che costò la vita al giudice Borsellino”.
Ebbravo Roberto, che butta sempre un occhio al prossimo!
Silvia Gullino
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