RESTO DEL CARLINO CESENA
04-04-2023
Sezione: EMILIA ROMAGNA
Due giovani in missione «La nostra Africa accanto ai bimbi orfani e ai malati in ospedale»
Autore: re.ce.
Due giovani in missione «La nostra Africa accanto ai bimbi orfani e ai malati in ospedale»
Infermiera ed educatore cesenati hanno prestato servizio volontario nelle strutture di Ayamé, una piccola località della Costa d'Avorio «Abbiamo donato 10mila euro raccolti da enti e privati della nostra città»
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Una scuola di vita e di coraggio. Ora vorremmo che le operatrici locali si formassero a Cesena
La nostra Africa di Chiara Alessandrini, 24 anni, infermiera al'ospedale Bufalini, e Alfredo Squeo, 29, educatore, sono l'orfanotrofio e l'ospedale rudimentale di Ayamé, in Costa d'Avorio, dove hanno prestato servizio in missione umanitaria e sanitaria per una quarantina di giorni sino a inizio marzo. C'è voluto un po' prima di aprire lo scrigno con il tesoro: hanno voluto metabolizzare la portata di un'esperienza unica e si è interposto il ricovero all'ospedale di Chiara, a causa di un un'infezione manifestatasi subito dopo il ritorno a Cesena. «Da anni cercavamo l'opportunità di metterci a disposizione per un'esperienza in missione umanitaria e sanitaria e quando si è prospettata l'occasione abbiamo preso l'aspettativa dal lavoro. Abbiamo operato per conto di Agenzia n. 1 per Ayamé di Pavia - raccontano Chiara e Alfredo - che da decenni ha creato l'opera del l'orfanotrofio e gestisce tenute di cacao dando lavoro alle persone del posto». Alfredo ha messo le sue competenze a servizio delle 'pouponniere' mentre Chiara si è divisa tra ospedale e orfanotrofio in giornate dalle scansioni ripetitive, ma ciascuna irripetibile nella sua densità. «Nell'orfanotrofio ci sono 55
bambini - raccontano - accomunati dall'aver perduto la mamma durante il parto e presi in cura da 35 educatori del posto retribuiti dall' Agenzia pavese. Per gestire la struttura che accoglie i bimbi sino al rientro presso le famiglie ma con il rischio incombente che non vengano accuditi, ci ha comunicato il responsabile di Agenzia n. 1 per Ayamé che ci è stato accanto nella prima settimana di missione, occorrono 150mi1a euro all'anno. L'ospedale invece fa capo al servizio pubblico africano: una struttura con risorse e strumentazioni anni luce lontane da quelle del mondo occidentale». «Curare nell'emergenza - puntualizza Chiara - è stata un'esperienza quotidiana e sono occorsi dedizione e sangue freddo. Ma i sostegni non mancano: durante la nostra permanenza è arrivato un pool di oculisti italiani e nei mesi precedenti due pediatre». «Ayamè è una cittadina di 14mila abitanti poverissima - proseguono i due giovani - con una sola strada asfaltata e le altre in terra rossa, dove tutto avviene: con i bambini che le affollano, i banchi ambulanti, tricicli e autobus che passano tra le baracche con le fogne a cielo aperto. A una donna sono caduti i fagioli acquistati al mercato e l'abbiamo osservata inchinata raccoglierli ad uno ad uno. Avevamo portato valigie con 150 chili di abiti, giocattoli e merce da distribuire e ogni giorno si formavano capannelli. 'Le blanc', gridavano i bimbi accorrendo». «Una venditrice si è innamorata della mia borsa - aggiunge Chiara - e ho atteso l'ultimo giorno per andare a donargliela». «Una domenica, con tre bambini dell'orfanotrofio accompagnati dagli inservienti - Alfredo e Chiara attingono al fitto repertorio di ricordi - siamo andati ad Aboisso, una città più grande, con una pasticceria dalla parvenza occidentale e non potremo dimenticare il sorriso di David, Joann e Jeremy mentre gustavano, centellinandoli, i cornetti di cioccolato. Ogni sera prima di dormire abbiamo scritto il diario di bordo e condiviso la vita ad Ayamè in videochiamata con i genitori». Al termine della missione Chiara e Alfredo hanno steso un rapporto consegnato ad Emy, la direttrice veneta d'origine, con il bilancio dell'opera svolta e considerazioni per il miglioramento dei servizi educativi dell'orfanotrofio. «Vorremmo adoperarci - rimarca Alfredo- per far sì che le operatrici ivoriane possano venire a Cesena a formarsi presso le strutture educative». «L'ospedale di Ayamé è stata una scuola di vita e di coraggio», aggiunge Chiara, fresca di laurea magistrale all'Università di Ferrara. Grazie alla generosità di Fondazione Orogel, Lions Club di Cesena, Croce Verde di Cesena, parrocchia di Santo Stefano e
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tanti amici, i due ragazzi cesenati hanno fatto una donazione di diecimila euro a Agenzia 1 per Ayamé di Pavia utilizzati per beni di prima necessità, in particolare alimentari a partire dal latte per i neonati, per tutto il 2023». «Il nostro impegno - proseguono Chiara e Alfredo - è di mantenere i contatti, tornare ad Ayamé e creare un cellula cesenate di sostegno all'opera dell'agenzia, che è intenzionata ad avviare anche i sostegni a distanza personalizzati, oltre che per l'orfanotrofio nel suo complesso». Chiara si è sentita poco bene subito dopo il ritorno in Italia. «Un'infezione, diagnosticata all'ospedale Morgagni Pierantoni - spiega - dove sono stata ricoverata una settimana. Avevamo fatto tutte le vaccinazioni, ma l'Africa è insidiosa. Quando lo hanno saputo all'orfanotrofio, mi hanno inviato una fotografia con i bimbi attorno a un grande cartello con ringraziamenti e cuoricini. Per me e Alfredo è ancora impossibile guardare i nostri scatti senza commuoverci nella vita dopo Ayamè, in cui tutto sembra troppo rispetto a quel che veramente serve».
re.ce.
Chiara Alessandrini e Alfredo Squeo con i bimbi e un capannello attorno a Chiara
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