SOLE 24 ORE 24-02-2023

Sezione: GIUSTIZIA-NORMATIVA
Aree produttrici di rifiuti speciali soggette alla parte fissa della Tari
Autore: Lovecchio Luigi

Aree produttrici di rifiuti speciali soggette alla parte fissa della Tari
Soggetti alla parte fissa della tassa icapannoni di produzione e i depositi connessi
Cassazione
Si tratta di superfici che in base alla legge dovrebbero essere esenti
Luigi Lovecchio
È soggetta alla parte fissa della Tari la superficie degli stabilimenti industriali che producono prevalentemente rifiuti speciali. Sono inoltre rifiuti speciali sia gli imballaggi terziari sia quelli secondari, qualora il comune non abbia provato l'attivazione della relativa raccolta differenziata. Lo afferma l'ordinanza 5578 della Corte di cassazione, depositata il 23 febbraio, ribadendo un criterio di diritto potenzialmente dirompente, quanto non condivisibile. La questione riguarda l'esenzione dalla tassa rifiuti delle aree ove si formano in via prevalente e continuativa rifiuti speciali. Sul punto, la Corte conferma il tradizionale orientamento
secondo cui, ai fini dell'esonero, la prova compete al contribuente che deve anche dimostrare la corretta gestione dei rifiuti speciali, oltre che la prevalente formazione degli stessi sulle aree di cui si chiede la detassazione. A tale riguardo, la Cassazione evidenzia che la qualifica di specialità compete anche agli imballaggi terziari, che non possono mai essere conferiti al servizio pubblico, ed a quelli secondari, se il comune non ha istituito la raccolta differenziata. Ma la parte più dirompente è quella in cui la Corte di cassazione applica in regime di Tari il criterio di tassazione affermato in ambito
di Tia1(articolo 49, Dlgs 22/1997),
secondo cui sulle superfici ove si formano rifiuti speciali è azzerata la sola quota variabile, mentre resta dovuta la quota fissa. Il punto è che, però, mentre nella Tia una simile conclusione non trovava una espressa confutazione nella disciplina di riferimento, nella Tari è vero il contrario. Nell'articolo 1, comma 649, legge 147/2013,
si legge infatti che «nella determinazione della superficie assoggettabile a Tari non si tiene conto di quelle» ove si formano rifiuti speciali, senza alcuna distinzione tra quota fissa e variabile. L'assunzione della Cassazione, dunque, è
L'ORDINANZA
II caso La rAecA7ione, sezione tributaria civile, con l'ordinanza 5578 pubblicata il 23 febbraio, si è pronunciata sul ricorso presentato da un Comune abruzzese contro la sentenza della Commissione tributaria regionale del maggio 2019. La
davvero arbitraria. Non vale rilevare in contrario che la quota fissa finanzia le spese generali del servizio, in quanto tali non influenzate dal grado di fruizione dello stesso, poiché, a parte la chiara previsione contraria sopra riportata, il presupposto del tributo è costituito unicamente dalle superfici "suscettibili di produrre rifiuti urbani" (articolo i, comma 641 della legge 147/2013). L'effetto pratico della pronuncia - che comunque non è la prima in questi termini - è dunque quello che sui capannoni di produzione e sui depositi connessi alle aree di lavorazione è sempre dovuta la quota fissa di Tari. Tanto, in contrasto, tra l'altro, con quanto da sempre sostenuto dallo stesso ministero delle Finanze, favorevole alla completa esenzione di queste superfici (si veda, tra le molte, la risoluzione n. 2/2014). Nei confronti di tali fattispecie, la Tari viene dunque ad assumere i connotati tipici delle imposte, piuttosto che delle tasse, atteso che l'obbligo di pagamento viene imposto a fronte di spese sostenute per servizi indivisibili, come lo spazzamento delle strade e l'ammortamento degli impianti di raccolta, senza alcun collegamento sinanche con la possibilità potenziale della fruizione del ser- vizio pubblico.
Ctr aveva dato ragione all'azienda, un opificio, che si era vista recapitare avvisi di accertamento per omesso o infedele pagamento della Tari relativa agli anni 2014 e 2015. Secondo la Corte di cassazione, invece, la richiesta del comune era legittima per la quota fissa.
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